03 dicembre 2015

Le emergenze sanitarie e i diritti negati delle donne

Sono quasi 60 milioni le persone che hanno dovuto lasciare le proprie case per colpa di un conflitto armato, e 100 milioni in tutto quelle che hanno bisogno di assistenza umanitaria. Lo rivela il nuovo rapporto sulla popolazione mondiale dell'United Nations Population Fund, sottolineando che guerre e disastri naturali colpiscono in modo particolare la salute sessuale e riproduttiva delle donne, che devono affrontare la scarsità di assistenza sanitaria, le gravidanze indesiderate, spesso frutto di stupri, e la diffusione dell'HIV(red)

Le donne, soprattutto giovani, sono i soggetti più colpiti in caso di crisi, guerre e disastri naturali, che aggravano i rischi per la salute sessuale e riproduttiva a causa della mancanza del sostegno sociale e familiare, di strutture sanitarie e delle più elementari regole igieniche e comportamentali: è questo il forte messaggio lanciato dal nuovo rapporto State of World Population 2015 dell'United Nations Population Fund (UNFPA), presentato questa mattina a Londra.

Secondo i dati raccolti, sono 100 milioni le persone nel mondo che hanno bisogno di assistenza umanitaria, 26 milioni delle quali sono donne e ragazze adolescenti in età fertile. Quando in una regione si abbatte una crisi, infatti, vengono a mancare immediatamente i servizi sanitari, inclusi quelli di ostetricia. Si calcola che il 60 per cento delle morti di donne durante il parto avvenga in paesi considerati fragili per via di conflitti o disastri: i 10 paesi con la più alta mortalità materna del mondo sono quelli in cui è presente o si è appena concluso un conflitto armato, e le vittime sono in media 507 ogni giorno.

Spesso inoltre le gravidanze sono indesiderate, per la mancanza di accesso ai mezzi anticoncezionali, o addirittura frutto di stupri, che immancabilmente fanno da corollario ai conflitti. E anche i rapporti sessuali consensuali sono un rischio, come dimostra la diffusione dell'HIV.

“La salute e i diritti delle donne e delle adolescenti non dovrebbero essere considerati problemi secondari nelle risposte alle crisi umanitarie”, ha spiegato Babatunde Osotimehin, diretto esecutivo dell'UNFPA. “Per la donna incinta che sta per partorire, o l'adolescente che è sopravvissuta a una violenza sessuale, i servizi sanitari sono vitali come l'acqua, il cibo e la protezione”.

Le emergenze sanitarie e i diritti negati delle donne
SWOP cover © UNFPA/Nake Batev
Nonostante gli sforzi,
la protezione delle Nazioni Unite non sembra però sufficiente a garantire un livello adeguato di sicurezza delle donne nelle aree di crisi, soprattutto per le dimensioni che stanno raggiungendo le emergenze umanitarie del pianeta: nel 2014, hanno richiesto una spesa record di 19,5 miliardi di dollari, raggiungendo 35 milioni di persone, ma accumulando un deficit di 7,5 miliardi.

Nell'anno in corso la situazione non è migliorata, considerato che nel 2015 l'UNFPA ha ricevuto meno di metà dei finanziamenti richiesti per affrontare le basilari necessità di salute sessuale e riproduttiva di donne e adolescenti nelle 38 zone riconosciute come di crisi. E conflitti e disastri naturali sono in aumento: attualmente le persone che hanno dovuto lasciare le proprie case a causa dei conflitti armati sono 59,5 milioni, un numero mai raggiunto dalla conclusione della seconda guerra mondiale.

Dal 2000 sono stati registrati ogni anno 341 disastri naturali legati al clima, con un incremento del 44 per cento rispetto al periodo 1994-2000. In particolare, le alluvioni hanno rappresentato il 43 per cento di tutti i disastri naturali registrati tra il 1994 e il 2014, con circa 2,5 miliardi di persone coinvolte.

Le emergenze sanitarie e i diritti negati delle donne
Nella foto, donne in attesa di essere registrate in un centro di accoglienza temporaneo istituito presso il lago Tanganica. Il flusso di richiedenti asilo - in gran parte donne e bambini - che si spostano dal Burundi alla Tanzania per sfuggire violenze e intimidazioni, è iniziato nel maggio 2005  (Credit: UNFPA / Sawiche Wamunza)  
Ma come affrontare le sfide poste dalle crisi umanitarie mondiali? Secondo il rapporto, occorre un approccio nuovo, che sappia porre l'accento sulla prevenzione e sulle misure che facilitano la capacità di ripresa a tutti i livelli: nazioni, comunità, istituzioni e individui. Gli obiettivi sono la lotta alla mortalità materna e infantile, la riduzione del contagio dell'HIV e infine la prevenzione e la gestione delle conseguenze della violenza sessuale.
 
“L'approccio usuale all'assistenza umanitaria lascerà indietro troppe persone, nel momento in cui le necessità sono così grandi”, ha concluso Osotimehin. “Dobbiamo fare un lavoro decisamente migliore per aiutare i soggetti più vulnerabili, specialmente le adolescenti, ma anche investire in un mondo più stabile, capace di affrontare le tempeste che verranno”.