14 marzo 2015

Il primo sistema idrotermale attivo al di fuori della Terra

I pennacchi di vapore che emergono dalla superficie di Encelado, la piccola luna ghiacciata di Saturno, sarebbero prodotti da camini idrotermali attivi alimentati dall'oceano presente sotto la superficie ghiacciata, in una dinamica che sulla Terra ha favorito la nascita della vita di Lee Billings

Gli scienziati che studiano i dati raccolti dalla sonda Cassini della NASA hanno trovato prove della presenza di camini idrotermali attivi che emergono dall'interno di Encelado, una delle lune di Saturno. Questo aumenta le probabilità che la vita aliena sia in attesa di essere scoperta nelle profondità ricche di acqua di quel mondo di ghiaccio. I camini idrotermali di Encelado infatti sembrano molto simili ad alcuni camini scoperti sulla Terra.

Il primo sistema idrotermale attivo al di fuori della Terra
Le striature azzurre corrispondono alle fratture nella superficie ghiacciata di Encelado da cui emergono i pennacchi di vapore. (Cortesia NASA/JPL/Space Science Institute)
Una delle più importanti teorie sull'origine della vita sulla Terra ipotizza che sia iniziata in camini idrotermali sul fondo dell'oceano, dove l'acqua di mare che filtra attraverso le rocce calde crea ambienti ricchi di energia e di nutrienti capaci di favorire la formazione delle prime cellule. Oggi, i camini idrotermali attivi della Terra sono “oasi” dei fondali che ospitano ecosistemi in grado di fiorire nel buio, isolati dal mondo in superficie. Se in qualche posto diverso dalla Terra si trovassero luoghi in cui rocce calde e acqua si mescolano, la vita potrebbe fiorire anche lì, anche lontano dal Sole. Sistemi di questo tipo potrebbero essere stati comuni agli inizi della storia del sistema solare, quando i pianeti rocciosi e le lune ghiacciate erano ancora relativamente caldi e umidi a causa della loro recente formazione. Ma finora gli scienziati non avevano prove di attività idrotermale in corso al di fuori della Terra.

Le prove ora raccolte sono ancora circostanziali e un po' incerte, nonostante il loro accumularsi negli ultimi dieci anni. Nel 2005, Cassini ha rilevato pennacchi di vapore acqueo che sgorgavano da misteriose fessure calde vicino al Polo Sud di Encelado. Successivi passaggi ravvicinati alla luna – compresi alcuni in cui la sonda ha attraversato i pennacchi - hanno confermato che nelle vicinanze del Polo Sud, sotto una coltre di 30-40 chilometri di ghiaccio, c'è un
oceano profondo una decina di chilometri. Il vapore incontrato dalla sonda durante il passaggio attraverso i pennacchi era salato, come l'acqua di mare, e le piccole variazioni nel campo gravitazionale di Encelado misurate da Cassini suggeriscono che l'oceano si trovi appena al di sopra del nucleo roccioso della luna.

Ma nessuno sapeva in che modo questo oceano fosse collegato alle fessure superficiali da cui sgorga acqua, e molti ricercatori pensavano che il nucleo fosse troppo freddo per sostenere un'attività idrotermale.

Grande più o meno come l'Inghilterra, Encelado è un nanerottolo rispetto alle altre lune ghiacciate, e non ha una massa sufficiente a mantenere il calore originario dei tempi della sua formazione o a contenere grandi quantità di elementi radioattivi che generano calore. Sulla base di queste stime, Encelado dovrebbe essere congelato e solido. Si ritiene che gran parte del calore che permette l'esistenza di un oceano su Encelado sia un effetto della sua orbita attorno a Saturno: le interazioni gravitazionali tra questi due corpi provocano frizioni all'interno di Encelado, generando calore attraverso l'attrito mareale.

Forse, hanno ipotizzato alcuni scienziati, i pennacchi di Encelado e il suo intero oceano sono solo fenomeni transitori, creati da piccole variazioni nella sua orbita: scintille momentanee di calore e di attività in un mondo altrimenti inerte e congelato. Secondo altri, l'oceano di Encelado e i suoi pennacchi potrebbero essere invece caratteristiche antiche e durature che aumentano le possibilità di trovarvi la vita.

Il primo sistema idrotermale attivo al di fuori della Terra
Ricostruzione della struttura Interna di Encelado. (Cortesia NASA/JPL-Caltech)
In effetti, gli astronomi avevano dati che potevano contribuire a risolvere alcuni di questi misteri ancora prima della scoperta dell'oceano di Encelado da parte di Cassini. A gennaio 2004, quando Cassini si stava avvicinando al sistema di Saturno attraverso lo spazio interplanetario, gli strumenti avevano registrato una diffusa doccia di particelle di polvere nanometriche, in qualche modo espulse dal sistema.

Ulteriori incontri con queste polveri - e i modelli fisici elaborati per spiegarle - hanno indicato che questo materiale proveniva da particelle ghiacciate confinate nell'anello E del pianeta, un tenue anello di materiale alimentato dai pennacchi di Encelado. Nel nuovo studio, pubblicato questa settimana su "Nature", il planetologo Sean Hsu dell'Università del Colorado a Boulder ha studiato, insieme a un gruppo internazionale di ricercatori, origini e dinamiche di questa polvere grazie a esperimenti di laboratorio, modelli al computer e un'analisi più dettagliata dei dati di Cassini.

Precedenti analisi dei dati della sonda avevano mostrato che le particelle di polvere sono composte principalmente di silicio. Hsu e colleghi sostengono che la polvere ricca di silicio è più specificamente polvere di silice, il principale costituente del quarzo, e non silicio puro o carburo di silicio, che difficilmente potrebbero formarsi su una luna come Encelado. Ci sono solo due modi in cui si possono creare simili particelle di silice: "top-down", ossia in seguito a collisioni fra grani più grandi, o "bottom-up", ossia attraverso qualche reazione chimica microscopica. Le particelle di polvere di silice incontrate da Cassini sembrano tutte di dimensioni comprese fra 2 e 8 nanometri, una gamma di dimensioni talmente stretta da escludere di fatto una formazione top-down. Supponendo che le particelle osservate da Cassini siano di silice, l'unica fonte bottom-up plausibile è il nucleo roccioso di Encelado, da cui la silice potrebbe essere estratta dall'acqua marina per essere poi espulsa in superficie.

Hsu ammette che ci sono anche altri processi di formazione bottom-up, ma fa notare che funzionano solo in condizioni di laboratorio ben controllate: "Quindi, a meno che non stia avvenendo qualcosa di veramente bizzarro, pensiamo che la nostra interpretazione fondata".

In una serie di esperimenti di laboratorio progettati per simulare le plausibili condizioni interne di Encelado, Hsu e colleghi sono stati in grado di produrre particelle di silice di dimensioni simili a quelle osservate solo in condizioni termiche e chimiche molto specifiche. Estrapolando i risultati per Encelado, gli esperimenti suggeriscono che l'interfaccia tra nucleo e oceano debba essere sufficientemente calda da far bollire l'acqua, e che quell'acqua sia un po' più salata e alcalina di quella degli oceani della Terra. Una volta estratta dal nucleo roccioso, la silice cristallizza nel giro di pochi secondi quando è fuori dello strato di acqua arricchita vicina al fondo dell'oceano, e forma nanoparticelle che poi scorrono verso l'alto per il moto convettivo del fluido. Nel giro di alcuni mesi o di pochi anni queste nanoparticelle raggiungono poi le fessure superficiali.

Il primo sistema idrotermale attivo al di fuori della Terra
Un'immagine del polo sud di Encelado. In verde sono indicate le linee di frattura da cui escono vapori. (Cortesia NASA/JPL/Space Science Institute)
Se tutto questo è vero, allora i polverosi pennacchi ghiacciati di Encelado non sono un mero fenomeno superficiale, ma una profonda espressione di processi che avvengono in tutta la luna. Sono previsti ancora tre incontri ravvicinati di Cassini con Encelado, compreso un tuffo finale attraverso un pennacchio poco prima che la sonda venga indirizzata verso una morte ardente nell'atmosfera di Saturno, così da evitare che entri in collisione e contamini le lune ghiacciate del pianeta. Campionare i pennacchi per saperne di più sulle possibilità, passate e presenti, di vita su Encelado sarà compito di missioni future.

La NASA sta valutando per il 2020 circa una missione verso Europa, una luna ghiacciata di Giove, che ospita sotto la superficie un oceano molto più grande e ancora più misterioso. Ma le ultime notizie da Encelado potrebbero influire sulla decisione: ci si può aspettare che alcuni scienziati dichiarino presto che questa piccola misteriosa luna di Saturno rappresenta il loro obiettivo preferito per la prossima missione dell'umanità nel sistema solare esterno.

Una nuova missione potrebbe anche affrontare altri misteri sollevati dalle ultime scoperte. I calcoli su alcalinità e salinità degli oceani di Encelado concordano con le precedenti misurazioni di Cassini sui pennacchi, ma la temperatura stimata del nucleo della luna è una sorpresa. Anche con il notevole attrito delle maree, il mantenimento di temperature così elevate è difficile da spiegare, visto che il freddo oceano sovrastante potrebbe efficacemente estinguere gran parte del calore del nucleo. Lo scenario più probabile è che il nucleo sia fratturato e poroso, e che il suo calore provenga da una combinazione di attriti mareali e processi di serpentinizzazione, una reazione chimica tra acqua e roccia che genera calore. L'effervescente nucleo di Encelado potrebbe cioè essere un po' come un cuore infranto, tenuto in vita dalle forze di marea che continuano a pompare acqua attraverso le sue vene fratturate. Ma solo ulteriori osservazioni potranno testare questa idea.

Secondo i modelli dinamici di Hsu e colleghi, dopo che le particelle di polvere sono espulse con l'acqua nei pennacchi, congelano in granuli di ghiaccio, e quelli più veloci sfuggono alla gravità di Encelado per raggiungere l'anello E. Lì rimangono per anni prima di essere dispersi nello spazio interplanetario dalle collisioni con gli ioni del plasma intrappolati nel potente campo magnetico di Saturno. Quando alla periferia di Saturno Cassini ha rilevato la polvere espulsa, è stato davvero come vedere quella che Hsu chiama "l'impronta di silicio di Encelado." Da lì, dice Hsu, le particelle possono volare sulle ali del vento solare per "diventare polvere interstellare, l'impronta di silicio del nostro sistema solare".

L'impronta di silicio di Encelado, spiega Hsu, dimostra che la polvere merita di essere considerata uno degli strumenti di indagine astronomica più importanti, alla pari con la luce. Un giorno, dice, potremo avere un "telescopio della polvere" su un “osservatorio spaziale della polvere", che raccolga questi minuscoli detriti sparsi nello spazio per risalire a mondi e a epoche incredibilmente lontani.

(La versione originale di questo articolo è stata pubblicata l'11 marzo 2015 su scientificamerican.com. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati. )